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Anche il co-housing si aggiorna. Con spunti interessanti

Di coabitazione “solidale”, in inglese co-housing, si parla già da tempo (i primissimi esperimenti in questo senso risalgono addirittura agli anni Trenta del secolo scorso, ovviamente nei Paesi Scandinavi). Vivere in una sorta di micro comunità, organizzandosi per dividere le spese e le incombenze tra condòmini e realizzando una rete di socialità e reciproco aiuto è infatti un modus vivendi già consolidato in molte realtà e in continua crescita, perché consente risparmi economici e una socializzazione immediata ed efficace… come vivere in una grande famiglia, tutti insieme ma ognuno con i propri spazi.

Tutti insieme appassionatamente

Il passo avanti è rappresentato da soluzioni come il Sofielunds Kollektivhus, a Malmoe (Svezia). Si tratta di uno stabile di proprietà del Comune, che l’amministrazione locale stessa ha deciso di locare a una comunità di persone decise a vivere insieme, condividendo compiti e mansioni di vario tipo tramite la sottoscrizione di un vero e proprio contratto. Costituitisi in associazione residenti e messisi in lista d’attesa ancora prima che l’edificio venisse completato, i condòmini hanno collaborato anche alla sua sistemazione e alla progettazione degli enormi spazi comuni, come la sala da pranzo che tre volte a settimana (e i cuochi, ovviamente, cucinano a turno) accoglie per una cena in comune 65 delle circa 100 persone che risiedono nei 45 appartamenti del Sofielunds. Tra gli altri spazi comuni anche una biblioteca-sala di lettura, una falegnameria per riparare o costruire da sé i propri mobili (siamo pur sempre nella patria del design scandinavo e degli arredi low cost), un cinema apprezzatissimo soprattutto dai tanti bambini. Organizzati in squadre, gli abitanti del collettivo collaborano per mantenere in buono stato gli spazi, per amministrare da soli lo stabile anche pagando conti e bollette e per dirimere eventuali controversie in riunioni a cadenza mensile.

Un’idea anche per i condomini italiani

Una vita così intensamente collettiva funzionerebbe anche da noi? Difficile dirlo, l’esperimento di Malmoe e di tante altre città scandinave, tedesche e statunitensi può sembrare un po’ estremo. Ma offre spunti interessanti che potrebbero essere sfruttati anche in un normale condominio italiano. Per esempio, la destinazione di spazi comuni ad attività come la biblioteca condominiale o a sala attrezzata per feste, la creazione di un piccolo laboratorio o locale lavanderia, ma anche di una infermeria-farmacia con prodotti di pronto impiego, come cerotti, disinfettanti, farmaci da banco… sono tutti modi per rilanciare spazi non utilizzati incentivandone  un uso comune e rispettoso, che consenta maggiori contatti tra condòmini e stimoli la nascita di relazioni sociali positive e solidali.

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