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Investire nel mattone e affittare le seconde case conviene ancora. Ma si può fare di più

Santi, poeti, navigatori e proprietari di case. Gli italiani sono sempre stati propensi a investire in immobili, il “salvadanaio” tradizionale delle famiglie. Si acquista con dedizione e sacrifici la prima casa, il nido in cui abitare, e se si riesce a mettere da parte qualcosa si pensa subito a una casetta al mare o in montagna, o a un appartamentino per il figlio studente fuori sede. In due o tre generazioni, questa filosofia, se ben gestita e al netto di tracolli finanziari, si traduce in un discreto patrimonio immobiliare, una fonte di reddito e di benessere. O almeno questa è sempre stata la percezione, più o meno fino all’ultima crisi economica.  Da allora, complice la tassazione sulle seconde case, è nata la sensazione che possedere tanto “mattone” sia più un peso e una perdita economica e che convenga piuttosto vendere gli immobili e reinvestire in titoli la liquidità ottenuta.

In realtà le cose non stanno proprio così.

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Investimenti mobili e immobili

I titoli, pur esposti a rischi anche elevati – come abbiamo visto nel caso-caos della Brexit – garantiscono certo una liquidità immediata. Ma la loro gestione non è proprio per tutti, in molti casi occorre affidarsi a un professionista che sappia bilanciare il portafoglio e che possa contenere eventuali perdite e massimizzare i guadagni.

Il mattone, dal canto proprio, ha risentito pesantemente della crisi ma sta riprendendo quota offrendo grandi occasioni in termini di prezzo per chi acquista, si pensi ad esempio al mercato delle aste giudiziarie. Chi ha una buona liquidità e garanzie potrebbe accedere a un mutuo parziale, investendo parte della liquidità risparmiata sull’immediato in titoli mobili, e ottenere così un doppio investimento a costi molto contenuti, visto l’attuale andamento dei tassi di interesse. Ma anche chi deve per forza ricorrere a un mutuo “corposo”  per acquistare la prima casa usufruisce sia di un tasso molto basso, sia di condizioni favorevoli visto che molti Istituti bancari propongono oggigiorno mutui impensabili fino a sette-otto anni fa per durata, valore e flessibilità. Senza dimenticare che le prime case sono attualmente esenti dalla tassazione IMU-TASI e che i prezzi sono ancora molto accessibili e consentono di fare ottimi affari.

Anche chi vuole investire in una seconda casa da mettere a reddito può usufruire di interessanti vantaggi: per esempio, i contratti di locazione che sfruttano la cedolare secca prevedono un versamento al Fisco, fino al 31 Dicembre 2017, del solo 10% del canone annuo concordato. Attenzione: attualmente questo vale solo per i Comuni ad alta densità abitativa oppure per quelli che, nei cinque anni precedenti il maggio 2014, hanno ottenuto lo stato di Calamità Naturale. È auspicabile, per esempio secondo l’UPPI-Unione Piccoli Proprietari Immobiliari (www.uppi.it), che tali benefici vengano estesi anche agli altri Comuni italiani e che i vantaggi per gli affitti con cedolare secca vengano ulteriormente prorogati, per garantire un buon rilancio del mercato immobiliare, che consentirebbe non solo ai proprietari di avere un effettivo e più cospicuo vantaggio economico dalla locazione dei propri immobili, ma anche ai Comuni di ridurre sensibilmente l’emergenza abitativa e i problemi sociali, di ordine pubblico e di decoro che da essa derivano.

Ma non basta avere i soldi per fare un buon investimento. Il mattone può rivelarsi un macigno se non si ponderano bene tutti i fattori che determinano la redditività in termini di ritorno monetario, per cui investire si ma con cautela e affidandosi magari  a un buon property manager!

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